Convento delle Dame della Carità, Sussex,1996
Aprì gli occhi, osservando ciò che stava attorno a lei. Un
raggio di luce che filtrava dalla persiana socchiusa illuminava
la stanza. Si potevano scorgere dei fiori di gelsomino, che lei
amava tanto, in un piccolo vaso bianco sopra la finestra, un
crocefisso appeso al muro e un inginocchiatoio, un rosario
perlato di bianco, il suo colore preferito, adagiato sopra al
comodino e un armadio di fronte al letto.
Nient’altro era presente nella stanza, se non lei che muovendo
il capo si chiedeva dov’era e cosa fosse accaduto.
Con gli occhi sbarrati e il cuore che palpitava si mise le mani
sul viso. Calde lacrime scendevano sulle guance fino alla
bocca e fu allora che sentì il gusto amaro del dolore. Si mise
seduta sul letto cercando di riprendere il controllo di se stessa.
Rivolse lo sguardo a quel raggio di sole. Cercò di attraversarlo
con la mano come per bloccare qualcosa che doveva rimanere
nascosto.
Aveva sognato ancora lui che la lasciava sola e se ne andava
senza mai voltarsi indietro.
Si alzò e prese il rosario che tanto amava. Aiutami Dio, ispirami
sempre nel percorrere la giusta strada! Stringeva forte le mani
e abbassando il capo pensava che quel momento sarebbe
passato come tante altre volte. Aveva solo bisogno di riposare,
quella notte infatti aveva dormito pochissimo. Si accarezzò
i capelli corti che le incorniciavano il viso. Chris, un tempo
sei stato il mio grande amore! Quell’uomo ritornava nei suoi
pensieri e nei suoi sogni quando si sentiva stanca e la nostalgia
l’attanagliava.
I ricordi di un amore vissuto intensamente seppur molti anni
prima, ma capace di cambiare la sua vita banale in una gioiosa
esistenza, erano ancora molto vivi, di un intenso colore rosso e
del profumo del mare.
Nella stanza vicina, ormai sveglia e dedita alle prime preghiere
del mattino suor Margareth con il fiato sospeso e i sensi tesi
ascoltava i rumori provenienti dalla camera della cara consorella
suor Speranza. Ripensò a diversi anni prima quando entrambe
erano state chiamate ad una vita consacrata a Dio presso il
convento delle Dame della Carità nel Sussex.
La ricordava come una persona velata da una dolce malinconia,
dall’aspetto fragile ma coraggiosa e altruista.
In qualche momento libero, quando la nostalgia di casa
si faceva sentire, andavano insieme lungo la stradina che
portava al piccolo orto dietro il convento per annusare le piante
aromatiche o fare dei braccialetti con le margherite bianche in
primavera. Si rincuoravano spesso l’una con l’altra dicendosi di
non rattristarsi perché Dio era sempre con loro.
I ricordi all’improvviso si dissolsero e suor Margareth si accorse
che la sua amica era uscita dalla stanza per andare alla
consueta messa del mattino nella chiesetta del convento e
anche lei si preparò a fare lo stesso.
Alle otto e trenta del mattino di un giorno di maggio, dopo
aver partecipato alla messa animata anche dalle altre dieci
consorelle, suor Speranza camminava nel piccolo chiostro del
convento. Quell’amarezza che all’alba l’aveva soffocata era
scomparsa. Si sentiva sempre così sollevata quando parlava
con il suo dolce Gesù, come lo chiamava lei; gli confidava i suoi
tormenti e le sue angosce, ora che la pace era entrata dentro
le sue membra. Mentre procedeva verso il giardino adiacente
un lieve sorriso apparve sul suo viso. Da diversi anni era al
convento; quel luogo silenzioso e sereno la proteggeva come
un caldo abbraccio di cui aveva bisogno.
Nel frattempo si era avvicinata al laghetto delle ninfee. Da lì si
potevano ammirare anche il roseto e i tulipani dai diversi colori.
«Il dottore sarà qui fra poco» si disse fra sé. Si fece pensierosa
a quell’idea. Cercava in ogni modo di farsi forza; in realtà
non si era più del tutto ristabilita da quel forte malessere,
diagnosticato poi come un inizio di infarto, che l’aveva costretta
a letto qualche settimana prima, mentre, come quel mattino,
faceva la sua consueta passeggiata.
Quell’episodio aveva contribuito, suo malgrado, a ridurre la
quantità delle sue uscite e non poteva più andare, come un
tempo, fino al cimitero delle consorelle per portare loro qualche
rosa e ricordarle nella preghiera.
Cercò di scrutare se stessa fra le acque del laghetto. Il viso
era solcato da rughe ai lati della bocca e profonde occhiaie
contornavano quegli occhi nocciola dai riflessi verdi. Altre
rughe più marcate le solcavano la fronte alta. Il naso era dritto
e fino. Era sempre stata una ragazza carina, vestita con un
tocco di classe e un portamento regale. Quante volte aveva
attraversato il corridoio di casa sua in Italia e salito le scale
della sua camera da letto con un libro sulla testa! «Vuoi forse
diventare una modella?» le chiedeva sempre sua madre.
Una risata uscì dalle sue labbra ricordando quel momento. Si
guardò subito intorno nel timore che qualcuno l’avesse notata
ridere da sola, ma non c’era nessuno.
A quel tempo, di lì a pochi anni, avrebbe incontrato l’amore:
un uomo straordinario che avrebbe per sempre suscitato in
lei ricordi ineguagliabili e profondamente tristi. La sua mente
viaggiò lontano nel tempo.
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La Felicità è una brezza leggera
Caosfera
Essenza
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