Dopo “Per sempre e un giorno ancora” in cui Manuela Tamburin ci ha raccontato la suggestiva storia d’amore e di delusione di Maria e Andrea si ritorna in questo
libro “Il silenzio delle nostre parole” a un altro amore, ben diverso e più coinvolgente, più romantico e appassionato, più desolato e tragico, quello di Nicole e Petri.
In quest’ultimo l’autrice, che sa prendere il lettore con la morsa di una prosa aerea e poetica, appassionata e seducente, sembra recuperare gli elementi principali del
romanzo greco: l’amore a prima vista fatto nascere da un Eros ribelle e capriccioso, un amore assolutamente disinteressato che ubbidisce alla sola logica della passione
e del trasporto fisico (“la nostra vita è un successo quando seguiamo il nostro cuore e facciamo ogni giorno il nostro capolavoro”), la presenza del caso o del fato,
che i greci chiamavano tyche, e l’avventura, con un trascolorare di ambienti e di situazioni che rendono questo romanzo straordinariamente affascinante e intrigante.
L’amore nasce in Provenza: lui è un artista di strada, un mezzo vagabondo, un bohémien, uno spirito libero, una specie di saltimbanco, che vive senza un lavoro fisso,
scatta foto artistiche e le vende nelle piazze del mondo; lei, fanciulla, splendida, aperta, solare, ingenua e pura che sboccia alla giovinezza come un fiore di intenso
profumo e fascino, che vende alla sera sulle bancarelle mazzi di lavanda fresca ed essiccata per profumare la biancheria.
Le fa da sfondo la Provenza, un mondo dominato da una luce intensa e magnetica profumata di lavanda, da un’allegria spontanea e cangiante, un arcobaleno di colori di
svariate forme, un caleidoscopio di effluvi e di essenze particolari, una presenza polimorfa di turisti in vacanza provenienti da tutto il mondo, un brusio continuo rotto
dagli strilli degli ambulanti che esaltano la merce esposta nelle bancarelle. In questo cosmo di esplosione di luce e di allegria spontanea e naturale, impregnato di odori,
di suoni e di profumi, in questo universo bagnato dal sole e da un’aria pregna di essenze di lavanda, scoppia improvviso l’amore fra Nicole e Petri, presentato dall’autrice
come “l’uomo dagli occhi di smeraldo”, ma profondamente triste e dominato da un dolore proveniente da delusioni, amarezze e sogni infranti che lo spingono all’uso
dell’eroina per dimenticare le sue angosce, un giovane assetato di libertà e disposto solo a godere la vita a proprio agio e secondo i suoi istinti, un giovane che
non pensa al futuro e vive intensamente l’oggi, il carpe diem di ogni esistenza abbandonata in balia della giornata, delle luci e dei colori talvolta effimeri e
abbacinanti della vita.
Ciò che contrappone Petri a Nicole è appunto la speranza e la gioia che pervade l’esistenza di lei che lascia tutto per andare con lui, inseguendo un sogno più che
una persona, e la mancanza di ideali, di prospettive e di lotta per la vita che caratterizza lui. Da una parte la Provenza, il mondo di lei, invasa dalla luce e
dall’altra Praga, la città di lui, dai toni più cupi e offuscati, ma magica nelle sue piazze ariose e labirintiche, nei suoi vicoli e vie misteriose come il quartiere
di Malá Strana, dove lui vive.
Se Nicole è legata a un ambiente, a un lavoro, a una casa, Petri è cittadino del mondo, vagabondo, errante, senza una fissa dimora.
Alla spontaneità e alla freschezza di Nicole, si oppongono le oscurità e le ambiguità, i muti segreti, i furtivi incontri, i sotterfugi, le vie di fuga di Petri.
E dopo un periodo di intensa e irritornabile felicità (indimenticabili le mirabili pagine dedicate alle feste di Natale praghesi, con i suoi mercatini, le vetrine addobbate
e piene di riverberi, gli alberi che adornano le piazze e al crepuscolo riempiono la città di calda luce), dopo che lei ha trovato un lavoro che permette una vita
decente e normale per tutti e due, ecco, all’improvviso, senza nessun motivo, dopo una notte d’amore “infinita”, lui sparisce e non si fa più vedere.
“Con Petri – nota l’autrice – Nicole aveva attraversato bufere, dolori, senza mai fare promesse. Le promesse incatenano, non liberano e rischiano di costruire un
rapporto imbalsamato. Con lui aveva scoperto il sapore della libertà vedendo tutti i limiti della sua persona e della sua vita. Ma ora si sentiva sola, aveva bisogno
del suo sguardo, di un suo abbraccio”.
Lo cerca disperata vagando desolata per le vie di Praga. Si colpevolizza assurdamente. Lei aveva cercato di fargli vedere la luce, la luce della sua anima aperta
alla vita e al futuro, ma lui aveva preferito rifugiarsi nelle ombre, nelle ombre che si portava dietro da sempre.
Il finale sembra disperato e tutta la vicenda non è che una metafora dell’impossibilità di poter raggiungere la felicità e il vero amore nella vita.
Ma la Tamburin, come nel precedente romanzo, ama le conclusioni aperte e nelle ultime pagine accende una luce improvvisa che ridesta speranze inattese e inaspettate.
continua in libreria...
Il silenzio delle nostre parole
Editrice Artistica Bassano
9788885349889
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